Una delle narrazioni più comuni utilizzate dalle app di dating è che si tratta di strumenti nati per fare in modo che nessuno le utilizzi più. Perché se un’app serve per trovare una relazione duratura, quando la si trova, ovviamente per prima cosa si smette di usare l’app.
Questa narrazione è subentrata prendendo il posto di quella originale, che poi è anche in fondo la vera ragion d’essere di tutto il settore: combinare incontri occasionali in modo veloce e privo di troppi gate.
Solo che a un certo punto ci si è accorti che il numero di persone che voleva relazioni stabili era molto più grandi di quelli che cercavano incontri occasionali. Insomma, che c’era un mare immenso di possibili utenti oltre gli amati degli incontri occasionali. Per di più è arrivata anche la Generazione Z, con la sua idea neoromantica delle relazioni.
Insomma, tutto il sistema è saltato, è saltata anche la narrazione, le app di dating hanno perso la bussola e oggi hanno un solo vero obiettivo, non dichiarato, ma ben visibile in tutti prodotti e, a volte, raccontato anche da qualche gola profonda che lavora all’interno delle compagnie proprietarie di questa o di quest’altra app: fare una montagna di soldi. Spillare soldi agli utenti.
E se questo è l’obiettivo reale, come si può pensare che a qualcuno dentro le app interessi realmente se un utente trova quello che cerca?
E ancora, come fare in modo che un utente continui a pagare anche se non trova quello che cerca?
La risposta è semplice e si chiama dipendenza, assuefazione. Le app di dating si stanno strutturando per creare dipendenza negli utenti.
Ed eccoci infine al vero nocciolo del problema: qual è il settore di app che garantisce la dipendenza più forte a la più forte propensione a spendere senza che sia garantito il ritorno della spesa, anzi, di più, nonostante non ci sia chiaramente ritorno? La risposta è semplice: si tratta del settore del gaming, delle scommesse.
Chi scommette tira fuori dei soldi nella speranza di avere un ritorno, in quel caso economico. Chi paga le app di dating spera ugualmente di avere un ritorno, questa volta psicologico, in termini, definiamoli così, spirituali. Tutti e due gli utenti, nel 90% dei casi, non ricevono nulla in cambio, ma il meccanismo che ha portato alla assuefazione garantisce che continuino a spendere.
Questo nuovo indirizzo del dating è dimostrato proprio nel modo in cui sono disegnate, pensate. L’obiettivo è uno solo: creare dipendenza.
Non è così per noi di ReadMeet. Non perché non avremo presto servizi Premium, ma perché ci muoviamo in un’ottica di comunity. Vogliamo che i nostri utenti restino con noi, tornino, perché nell’app stanno bene, si divertono, passano momenti piacevoli. Il dating, occasionale o no, le relazioni stabili, sono un grandissimo di più. L’app nasce per dare a ogni utente la possibilità di creare questi di più, ma garantisce un benessere che va oltre il fatto che questo risultato arrivi.