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Generazione Z: è proprio un addio alle app di dating?

Del cattivo rapporto che la Generazione Z ha con le app di dating abbiamo già parlato altre volte. Approfondiamo il tema solo perché con il passare del tempo questo cattivo rapporto si sta tramutando in una Waterloo per tutte le principali app. Tutte faticano a costruire quel ricambio che più che generazionale deve garantire nuovi ingressi man mano che i più adulti si sistemano. Il numero di separazioni non basta da solo a tenere alto il numero di utenti, sarebbe necessario, appunto, una forte iniezione di giovanissimi, di persone che entrano nell’età delle relazioni affettive e sessuali e che sono comunque ancora troppo giovani per, diciamo così, accasarsi.

Resta il fatto che il dato è inquietante, per le app di dating: solo il 22% degli appartenenti alla Generazione Z ha pagato per un’app di dating contro il 41% di Millennial. E se certamente una minore disponibilità economica dovuta all’età contribuisce, la percentuale resta troppo bassa rispetto alle aspettative e alle esigenze di sostenibilità delle app di dating.

Che il problema sia serissimo, lo dimostra la perdita di valore che sta colpendo le aziende. Match, che possiede moltissime app, è scesa in 3 anni da 50mld a 10, mentre, ancora, Bumble da 14 a 3. Si tratta di numeri da capogiro, e difatti da mesi assistiamo a una valanga di licenziamenti.

Intendiamoci, non si può dire che le app di dating non stiano mettendocela tutta per provare a interessare anche la Generazione Z. Dopo aver provato a innovare il percorso di Match, basti pensare a Bumble, che ha invertito i ruoli lasciando alle donne il compito di dare il via alle conversazioni, o ancora a Heyhoosh, ancora più innovativa, le app si stanno sforzando di aiutare a finalizzare i match servendosi dell’IA. Ma per ora tutti gli sforzi, come abbiamo visto, si stanno rivelando vani.

Alla base della fuga, e dell’insuccesso dei tentativi di arrestarla, ci sarebbero due fattori fondamentali. Il primo è la paura del rifiuto che caratterizza i ragazzi della Generazione Z, paura che esplode in un percorso decisamente a ostacoli come è quello on line. Il secondo è la difficoltà a definirsi. La maggior parte dei ragazzi della Generazione Z non si definisce sessualmente, va oltre perfino il fluido oggi tanto di moda. Mentre invece proprio la capacità, la necessità di definirsi è alla base di qualsiasi utilizzo delle app di dating.

Inoltre alcune ricerche dimostrerebbero che una parte di responsabilità ce l’ha anche il fatto che le app hanno trasformato sempre più gli utenti in clienti, polli da spennare con features sempre più care. E, lo sappiamo, la Generazione Z, soprattutto dopo il Covid, sta riscoprendo sempre più una voglia di libertà e di valori di grandissimo profilo culturale e sociale.

E quindi? È la fine delle app di dating? Riteniamo di no. Il futuro sarà di chi riuscirà a trovare strade realmente nuove e ad alto profilo di valori.

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