Logo di Read Meet

Il dating con gli occhi di un Millennial super attivo nelle app

È diventato virale negli USA un articolo pubblicato da Weird a proposito delle app di dating. L’articolo è una conversazione con un utente compulsivo di app di dating.

Per ragioni di privacy l’uomo ha chiesto di essere identificato con una sigla, JB. Di lui si sa solo che lavora nel campo dei media e ha circa 30 anni.

Ma quello che è realmente interessante è il lungo racconto fatto da JB sulla sua dipendenza dalle app di dating e sulle conseguenze di questa dipendenza sulla sua vita emozionale.

JB ha cominciato la sua esperienza nel 2013, e da allora ha utilizzato quasi tutte le app, anche se quelle di gran lunga più usate sono state Tinder e Hinge, caratterizzata dal fatto di puntare sulla ricerca di relazioni stabili.

Intendiamoci, JB è sempre stato alla ricerca proprio di relazioni stabili, tanto che, proprio attraverso Hinge, dal 2013 ne ha cominciate due, poi concluse, e una terza attualmente in vita. La prima è durata sei anni, la seconda solo 18 mesi.

Ma a parte questo periodo, JB ha usato le app in maniera compulsiva. Solo nell’ultimo anno, quello precedente l’attuale rapporto affettivo, è andato a oltre 200 appuntamenti, riuscendo a concluderne con rapporti sessuale circa il 15%.

Insomma, un uso positivo, gratificante delle app, verrebbe da dire, visto che in fondo sono nate proprio per queste. Ma JB ha negato proprio questa positività, dicendo che nei periodi in cui ha usato le app è stato talmente assorbito da passare troppo tempo cercando di gestire tutte le chat aperte, e di aver anche perso contatto con la realtà. Troppo spesso non è riuscito ad andare oltre una totale superficialità negli incontri e altrettanto spesso ha incontrato persone con le quali non aveva proprio niente in comune.

JB ha spiegato che al momento di conoscere la sua attuale compagna aveva aperte 300 chat attive e quasi 3000 inattive, cioè con le quali non interagiva da più di 14 giorni.

Dall’alto della sua esperienza, JB ha fornito alcuni consigli, come quello di non preoccuparsi troppo se una chat si silenzia per qualche giorno, di aspettare l’occasione giusta per riaprire qualsiasi chat, quando succede qualcosa che può rivitalizzare un rapporto che si credeva chiuso.

Ma l’interesse principale della lunga conversazione sta nel fatto che, come detto, ha aperto una finestra su un aspetto importante della delle app di dating: la dipendenza che possono creare.

A tale proposito ormai sono tante le ricerche che approfondiscono questo aspetto del mondo del dating. Ricordiamo qualcuna fra le più importanti:

  • Uno studio dell’Università di Copenhagen (2019) ha riportato che il 70% degli utenti manifesta comportamenti simili a dipendenze comportamentali, oltre che una correlazione diretta con uno stato di ansia sociale e di bassa autostima.
  • Una Ricerca dell’Università della Pennsylvania (2020) sostiene che le app utilizzano algoritmi che generano “dipendenza da validazione”, cioè meccanismi simili a quelli utilizzati dai giochi d’azzardo online.
  • Journal of Social and Personal Relationships (2021) ha confermato l’effetto negativo sulla salute mentale nonché una correlazione tra uso intensivo delle app e sintomi depressivi.
  • Uno studio Pew Research Center (2022) riporta che il 53% degli utenti under 30 riferisce sentimenti di solitudine nonostante l’uso frequente delle app di dating.
  • Infine una ricerca dell’Università di Vienna (2023) accerta la presenza in molti utilizzatori di app di dating dei meccanismi neuroscientifici della dipendenza e che le app sono costruite in modo da attivare aree cerebrali che creano dipendenza.
Share the Post:

Related Posts